Signor Mauro, ci racconta la sua storia personale?
Vengo da una famiglia semplice, mio padre camionista, la mamma casalinga, l’educazione che mi hanno trasmesso è l’insieme di valori che mi hanno permesso di crescere nella vita e nel lavoro. Uno dei principi era che nulla è dovuto, tutto andava conquistato e guadagnato, e lo vedevo in loro. Non volevano vedermi senza far nulla, già da ragazzino, durante le vacanze estive dopo la scuola, aiutavo mia mamma che gestiva un piccolo bar al mare. Ho capito che il lavoro era fatica e impegno, però, se fatto con passione consentiva di togliermi delle soddisfazioni e diventare autonomo. Sono sempre stato dinamico e attivo, non mi piaceva troppo studiare e dopo la scuola dell’obbligo abbandonai le superiori già al primo anno. Iniziai ad aiutare mio babbo nel suo lavoro di camionista, non avendo la patente lo aiutavo a caricare e scaricare mobili, ma non durò molto. Un amico mi propose di lavorare per la sorella che aveva una impresa di pulizie. Un lavoro che mi appassionava nel quale iniziai a vedere delle potenzialità, una prospettiva di sviluppo. Così a vent’anni mi misi in proprio. Per riconoscenza e correttezza mi cercai clienti nuovi, non tentai di sottrarre clienti al mio ex datore di lavoro. Posso dire che le motivazioni principali nell’iniziare una mia impresa furono, e sono tutt’ora, la passione e la volontà di migliorare e fare sempre meglio nel lavoro. Nel frattempo mi sono sposato e ho tre figli di 25, 27 e 29 anni che lavorano con me. Sono loro che me lo hanno chiesto, io non ho imposto nulla.
Penso sia motivo di grande orgoglio e soddisfazione se i propri figli chiedono di lavorare nell’azienda di famiglia. Lei è un padre severo?
Non credo di essere severo, né come padre né come datore di lavoro. Però sono esigente, non solo sul risultato del lavoro, ma anche su come viene svolto. Se non c’è entusiasmo nel fare le cose non si migliora, si rischia di tralasciare particolari importanti e di non essere professionali e rigorosi. L’avere o non avere successo per una azienda di servizi dipende soprattutto dalla professionalità e qualità dei propri collaboratori e da quanto essi siano motivati e io ho la fortuna di averne tanti. La motivazione è un sentimento trasparente e contagioso, se uno non ce l’ha è impossibile trasmetterla o pretenderla.
Ci racconta la storia della sua azienda? Da un ragazzo di vent’anni che si è messo in proprio nel settore delle pulizie ad una società leader a livello nazionale.
A vent’anni si ha volontà di mettersi in gioco, fiducia in se stessi ed un pizzico di incoscienza. Ho iniziato girando anche nei paesi limitrofi e dove vedevo una vetrina sporca chiedevo se la volessero pulire. Introdussi l’idea di un contratto, cioè una pulizia programmata con dei vantaggi per il cliente, per me era comunque un lavoro sicuro nel tempo. Poi i primi condomini con il vantaggio di poter gestire il lavoro e non aspettare la chiamata. Una svolta importante fu quando conobbi il costruttore Bertozzini. Aveva edificato un centro commerciale a Pesaro e gli proposi di pulire due locali gratuitamente con la prospettiva che così presentati li avrebbe venduti con più facilità. In effetti i clienti li pretendevano puliti e gli piacque talmente l’idea che me li fece pulire tutti, venduti e non venduti. Iniziò un rapporto di fiducia che proseguì quando costruì la Banca Popolare Pesarese dove vinsi la gara d’appalto per le pulizie. Mi creai una buona referenza di professionalità ed efficienza che diede frutti. All’epoca avevo un solo dipendente. Da allora i dipendenti sono arrivati a duemilacinquecento. Ora abbiamo la nostra sede centrale a Fano dove curiamo il centro e la zona adriatica e cinque filiali che coprono tutto il territorio nazionale: Milano, area nord-ovest; Mestre, nord est; Firenze, Toscana; Roma, Tirreno sud; Catania, Sicilia. Una svolta importante ci fu nel 2008, anno di grave crisi economica, specialmente nell’edilizia, e finanziaria. Puntai sulla specializzazione, pulire una fabbrica era ben diverso da un ospedale o un hotel, sembra scontato ma non lo è. Quindi ho diviso l’azienda in cinque aree: Grande Distribuzione Organizzata (centri commerciali, supermercati); Civile (uffici, teatri, università); Industria; Sanità (ospedali, case di riposo); Hôtellerie (hotel di lusso, catene alberghiere); con il risultato di “partire dalle esigenze del cliente” e qualificare la nostra competenza in ogni settore. L’introduzione di figure professionali di alto livello nell’azienda ci consente di allargare l’orizzonte dei servizi che offriamo, non solo pulizie ma tanto altro.
L’attuale situazione, pesantemente segnata dalla pandemia di covid-19, come ha condizionato il vostro lavoro?
Il Covid ha colpito tutte le persone, sia chi lo ha contratto e chi no. C’è una grande amarezza e preoccupazione per le conseguenze in fatto di vite umane e sofferenze. Poi c’è un riflesso importante sul mondo del lavoro. In tanti settori c’è stato un calo, pensi all’industria, gli hotel, gli uffici, le scuole, i teatri, c’è stata una flessione nel fatturato per noi come per tutti. D’altro canto l’esigenza di sanificazioni si è moltiplicata e con la nostra esperienza e le nostre tecnologie ci siamo fatti trovare pronti.
La Papalini s.p.a. sponsorizza da molti anni la VIS PESARO 1898. Come è nata questa collaborazione?
Noi dedichiamo molte risorse allo sport. Credo al valore educativo dello sport, le virtù che trasmette, il senso di responsabilità che gli sportivi hanno. Sponsorizzare lo sport vuol dire aiutare i giovani a crescere, a sviluppare la parte sana della società. E’ un investimento importante anche se è difficile calcolarne il ritorno economico, però ritengo che sia un dovere morale e civile, è un modo di restituire al territorio parte delle opportunità che ho ricevuto, ma soprattutto dare ai giovani la possibilità di crescere in una comunità con sani principi.
Mauro Papalini è Cavaliere della Repubblica per meriti imprenditoriali e sociali, tra i fondatori del Banco Alimentare di Pesaro, socio fondatore della Scuola Nazionale Servizi. Da dieci anni la sua azienda sponsorizza la VIS PESARO 1898. Grazie.